Carlos Castaneda e la presunta visione tolteca

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  1. Krasin
     
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    CARLOS CASTANEDA E LA PRESUNTA VISIONE TOLTECA

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    “L’arte degli stregoni non sta nello scegliere quanto nell’essere abbastanza sottile da acconsentire”.
    (Castaneda)

    “Ho desiderato allontanarmi
    dal sibilo delle trascorse menzogne
    e dall’urlo eterno degli antichi terrori
    che più mostruoso ingigantisce mentre il giorno
    s’inabissa oltre le colline del mare profondo…

    Ho desiderato allontanarmi ma ho paura:
    un alito di vita, ancora non spento, potrebbe esplodere
    dalla vecchia bugia che brucia ai miei piedi,
    e, scoppiando alto nell’aria, spegnermi lo sguardo.”

    Dylan Thomas

    Xolotl

    Ognuno di noi può compiere un movimento dal visibile all’invisibile, pur restando nel campo delle possibilità umane, ma c’è chi ha fatto di più e ha tentato di oltrepassare anche il mondo strutturato a misura umana.
    Questo avanzamento oltre ogni limite del conoscibile, è lo sciamanesimo, possiamo considerarlo l’estremo tentativo della mente di penetrare l’ignoto.
    C’è stato un ricercatore, o forse un sognatore, che ha affermato di essere penetrato per 37 anni nella visione magica di una civiltà perduta, prima come apprendista e poi come sciamano, si chiama Carlos Castaneda ed è uno degli scrittori più famosi del mondo.

    CastanedaCarlos

    La sua opera consiste in tredici libri e forma un progressivo diario di iniziazione magica, un vero e proprio testo esoterico, sconcertante manuale di magia che ha affascinato milioni di lettori in tutto il mondo.

    I suoi libri sono:
    1971 – Una realtà separata
    1972 – Viaggio a Ixtlan
    1974 – L’Isola del Tonal
    1977 – Il Secondo Anello del Potere
    1981 – Il Dono dell’Aquila
    1984 – Il Fuoco dal Profondo
    1987 – Il Potere del Silenzio
    1993 – L’arte di Sognare
    1997 – Tensegrità
    1997 – Il lato attivo dell’infinito
    1998 – La Ruota del Tempo.

    Poiché essi costituiscono un intero sistema magico, dovrebbero essere letti uno dopo l’altro nel loro ordine. Non sono un romanzo, non sono stati scritti per divertire, sono il diario di una iniziazione, cosa lenta e precaria, che non tutti possono capire.
    Noi non abbiamo abbastanza elementi per dire se Castaneda ci abbia realmente descritto il sistema magico dei Toltechi, popolo ormai scomparso dal Messico, il che farebbe dei suoi libri un documento eccezionale sull’esoterismo antico, o se abbia creato dal nulla in modo immaginifico una complessa e sistematica visione metafisica. Non abbiamo sufficienti elementi di scelta o giudizio per valutare la sua opera, ma su un piano sottile forse questa precisazione non ha nemmeno importanza e chi ha già sperimentato in sé un percorso di magia può ravvisare nelle sue descrizioni qualcosa che ha conosciuto direttamente, anche se solo pochi riescono a identificarsi in tutte le sue visioni magiche fino alle ultime incredibili esperienze.
    Nei suoi tredici libri Castaneda costruisce anche un vero sistema filosofico, un sistema cognitivo di incredibile potenza, che sfora dall’ambito della percezione umana ordinaria per entrare nella percezione paranormale.
    Se questo diario possa funzionare anche per altri come sistema propedeutico alla magia, non saprei dire. Non credo che la sensitività sia una facoltà che si sviluppi per osmosi, per insegnamento o per imitazione, anche se Castaneda ha un suo maestro Don Juan, che lo avvia alla percezione magica del mondo. Purtroppo nel nostro mondo occidentale non ci sono Don Juan, non ci sono iniziatori di magia, ci sono solo falsi maestri che non insegnano alcuna pratica magica, vendono solo fumo, ed è quindi per noi molto più difficile capire che i confini del mondo sono molto più ampi di quello che siamo abituati a considerare, e che la nostra mente può superare se stessa e spaziare in modalità sconosciute e affascinanti.
    Ogni iniziazione ha i suoi tempi e il suo enigma, ma noi viviamo in una civiltà arida e senz’anima, dove anche le chiese hanno perso carisma e spiritualità e dove l’uomo rimane solo davanti al mistero dell’universo, di cui comprende una parte troppo piccola per definirsi interamente umano, ma se l’essere umano si pone di fronte all’universo con la modestia e l’arrendevolezza del neofita, lasciando cadere incredulità e disprezzo per ciò che non conosce o che non capisce, io credo che l’universo possa premiarlo, aprendo la sua mente oltre ai limiti del suo conosciuto.
    C’è chi ha una facoltà magica per nascita, e chi, come me, si è ritrovato immerso di colpo in una diversa percezione del mondo senza sapere come questo fosse avvenuto, e che, dopo una morte annunciata, si è ritrovato miracolato nel corpo e sbalzato di colpo in 29 anni di esperienze paranormali, e poi abbia perso di colpo la sua magia rientrando nella normalità senza spiegare nemmeno come questo sia successo.
    Stiamo qui parlando di una forma di conoscenza che si apre solo a poche persone, che conserva tutto il suo enigma, che è preclusa alla maggioranza e più spesso, nella nostra cultura, viene vilipesa e derisa dall’ignoranza delle masse.
    Avendo avuto esperienze da sensitiva, mio malgrado,a per 29 anni, ho trovato di estremo interesse Castaneda e ho riscontrato tante rispondenze tra le cose che lui racconta e le mie percezioni, anche se non ho raggiunto le sue vette e ho fatto fatica a capire i suoi ultimi libri.
    Mi è piaciuto anche il modo con cui ha descritto certe percezioni, come quella di se stesso come una cipolla, o dell’energia fiammeggiante che circonda gli esseri umani.
    Ormai sono passati alcuni anni da quando ho perso di colpo tutte le mie facoltà e a volte penso di essermi solo sognata questo periodo lunghissimo di sciamanesimo naturale, eppure questo c’è stato e ha attratto verso di me centinaia e centinaia di persone da tutte le parti d’Italia, persone che volevano essere raccontate, che volevano che qualcuno mettesse insieme la loro storia col suo senso, persone che volevano ritrovare il proprio centro e sentirsi dire per quale motivo erano venute a nascere, quali erano le loro risorse, e quale era il compito della loro vita. Molte di queste persone erano disperate, qualcuna pensava al suicidio, e io spero veramente di averle aiutate a comprendersi, a volersi bene, a vedere una luce nel loro futuro. Poiché di molte di queste persone non ho saputo più nulla, se qualcuna di loro mi legge, avrei piacere che mi dicesse se le predizioni sul loro futuro si sono avverate e se l’incontro con me li ha aiutati nella loro vita di allora.

    Castaneda è morto il 27 aprile 1998, a 73 anni, è vissuto lontano dal mondo e dalla curiosità della gente, sempre circondato da un alone di mistero. Solo dopo la sua morte si è conosciuto il suo viso, perché la moglie ha pubblicato la sua fotografia, era un uomo di cui non si sapeva nulla, ma che dal suo eremo ogni tanto pubblicava una tappa del suo straordinario diario personale, diario che in tutto il mondo milioni di lettori fedeli hanno letto avidamente.
    Castaneda era peruviano, etnologo e antropologo all’Università della California, uno studioso universitario di tipo occidentale.
    Nel 1968, a 43 anni, andò nel deserto del Messico (a Sonora) per studiare una pianta allucinogena, il mescal o meztcal, considerato dagli indigeni uno dei 12 dèi messicani.

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    Castaneda arriva dunque nel deserto messicano per studiare il peyote. Gli viene indicato come esperto un vecchio indio Yaqui, di nome DON JUAN MATUS, uno yerbero, cioè un conoscitore di piante. L’indio ha il viso cotto dal sole, la pelle molto scura e profonde rughe, i suoi capelli sono corti e bianchi. All’inizio parla un dialetto assurdo, poi il suo eloquio diventa sempre più fluido ed esatto. Castaneda attraversa una crisi esistenziale. L’indio gli chiede: “Cosa sai della conoscenza?”, lui risponde che ha una laurea universitaria, ma l’indio non parla dei titoli accademici, parla della conoscenza diretta del mondo.
    “Sai qualcosa del mondo attorno a te? Senti mai il mondo attorno a te? Devi sentire tutto altrimenti il mondo perde il suo senso”.

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    Agave del mescal

    Comincia il primo insegnamento, cambiare la percezione può voler dire cambiare il senso della vita.
    Quando Castaneda avanza dei dubbi, l’indio gli dice: “Tu parli come uno stupido. Vuoi tenerti stretto ai tuoi argomenti anche se non ti sono di nessuna utilità. Vuoi rimanere te stesso o vuoi stare meglio?… Tu non sei completo. Tu non hai pace. Pensi troppo a te stesso. E questo ti dà una strana stanchezza e ti lascia solo problemi”.
    Un anno dopo Don Juan gli rivelerà di essere un brujo, uno stregone, un uomo di conoscenza magica. Don Juan è un nagual, uno degli ultimi iniziati dell’antichissima conoscenza magica tolteca. I due uomini sono molto diversi ma forse lo stregone vede qualcosa nell’aura di Castaneda che gli fa capire che può prenderlo come allievo. Un veggente sa capire quando un altro può diventare veggente, c’è un’affinità per cui due nature simili si riconoscono. Dunque da studioso esterno Castaneda diventa un apprendista stregone e comincia a studiare “l’arte di plasmare l’universo“.
    Don Juan è uno sciamano. Lo sciamanesimo è un insieme di credenze diffuso ovunque nel mondo. ‘Sha man’ vuol dire uomo di conoscenza, uomo che sa, uomo di sapere ma anche di potere. Il termine ‘sciamano’ nasce in Siberia presso i Tungusi ma la sua funzione si ripete inalterata presso molti popoli dell’Asia, America, Oceania ecc.
    Lo sciamano è un medium che nella sua comunità gode di alta considerazione perché ha capacità cognitive superiori, è guaritore, sacerdote e messaggero degli spiriti.
    Noi siamo circondati da energie intelligenti, invisibili, forze spirituali consapevoli, che possono essere evocate e controllate e stanno in altre dimensioni, parallele alla nostra. Lo sciamano è un viaggiatore interdimensionale, un essere di energia straordinaria che riesce a entrare in questi altri mondi e a contattare le forze aliene che li abitano, è un intermediario tra dimensioni, che usa il viaggio mentale o lo spostamento dell’energia per attingere o manifestare poteri, per avere la vera conoscenza del mondo o per aumentarne il benessere.
    Carlos inizia così il suo viaggio iniziatico con lo stregone, un viaggio all’interno della magia tolteca, l’antico sciamanesimo, come fu tramandato attraverso lunghissime generazioni.
    Con vari rituali, nel tempo, gli sciamani hanno perfezionato l’arte di arrivare a uno stato di consapevolezza intensa, in cui è possibile spostarsi nell’energia e contattare mondi alieni.

    L’iniziazione di Castaneda dura 13 anni e la sua applicazione nello sciamanesimo durerà 37 anni, oltrepassando la morte del maestro.
    Castaneda è l’ultimo allievo, quello che chiude la serie degli sciamani toltechi. Egli non è stato scelto dallo stregone ma dalle forze impersonali dell’universo. Così Castaneda avanza nel sistema di conoscenza esoterico e i suoi libri descrivono le tappe della sua iniziazione.
    Dapprima lo stregone gli provoca rapide modificazioni di coscienza con tre piante psicotrope, peyote, herba del diablo e psylocybe, un fungo allucinogeno, poi gli insegna tecniche più elaborate per destrutturare la mente e posizionarla su una nuova percezione di realtà.
    Ingerendo il peyote, Castaneda entra in uno stato di realtà modificata.
    Don Juan gli spiega che non ha allucinazioni ma vede gli aspetti concreti di un’altra realtà. Il mescal lo guida a incontrare certi poteri, il mescal è un maestro che sconnette la coscienza dalla parte corporea, ma quello che Castaneda percepisce è così assurdo che non ha categorie per capirlo e deve trovare ‘nuove unità di significato’.
    Le piante psicotrope gli mostrano in modo rapido che c’è non una sola realtà ma tante.

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    Peyote

    Nel suo lungo diario, per 37 anni, Castaneda descrive puntualmente tutto quello che avviene tra lo stregone e lui con la progressiva apertura a nuovi livelli di realtà. Dapprima è spettatore di quei mondi, poi lentamente ne diventa protagonista, cioè si fa stregone, entrando nella realtà separata.
    I suoi tredici libri vanno letti in ordine, come capitoli successivi di un apprendistato e formano una delle opere più originali del mondo, lo studio della magia di una civiltà perduta attraverso l’esperienza di un uomo moderno, un diario progressivo, molto dettagliato, che apre a poco a poco all’attenzione la struttura di un esistente stupefacente, attraverso una percezione modificata, una realtà parallela.
    Noi abbiamo molti scritti su taoismo, tantrismo, lamaismo ma non sappiamo nulla della magia tolteca e, se questi libri di Castaneda fossero veritieri, avremmo qui per la prima volta un intero sistema sciamanico, la testimonianza di un sistema sapienziale ormai scomparso, un’opera unica nel suo genere.

    Don Juan è uno strano personaggio, brusco ma anche amorevole, beffardo ma anche paziente, a poco a poco conduce l’americano sulle soglie di un altro mondo possibile. Castaneda è l’allievo perfetto, testardo, tenace, profondo, ubbidiente, coraggioso. L’ambiente è il deserto sassoso collinare del Messico nord occidentale, luogo primitivo e povero, spoglio e pauroso, con secchi cespugli, sole a picco, coyote, serpenti, aquile… Gli altri personaggi del diario sono indios poveri e macilenti, soprattutto donne indie selvagge dalle personalità potenti, vere streghe inquietanti in grado di operare trasformazioni terribili.
    Castaneda dice: “Don Juan minacciava la mia idea del mondo”. Lo stregone lo destrutturava. Ciò che chiamiamo ‘REALTA’ ’’ non è un dato oggettivo che ci limitiamo a ricevere ma un costrutto mentale, il risultato di un lavoro storico sociale di elaborazione del pensiero, frutto di cultura e abitudine, in cui anche le modalità percettive più elementari sono condizionate.
    Noi non riceviamo la percezione oggettiva del mondo, ma costruiamo un mondo per induzione sociale e culturale. L’albero che vediamo non è l’albero come è ma una interpretazione mentale strutturante, una interpretazione storica e personale, e l’intero mondo è un repertorio infinito di interpretazioni.

    “Noi lanciamo sguardi distratti alle cose ma sappiamo ben poco dell’intero flusso di energia che ci viene da esse… Tutti guardano, ma ben pochi vedono. Essi sono i veggenti… Lo sciamano è un uomo che mette tutto se stesso in ciò che fa e qualunque cosa faccia lo fa per la conoscenza. Ogni sciamano segue la sua via della conoscenza. Può darsi che conosca ballando, ma allora non ballerà come un uomo comune, ballerà con tutto quello che ha, e ballare sarà il suo particolare modo di conoscere, cioè di essere nell’energia.”

    Tutto ciò che siamo, tutto ciò che vediamo, l’uso dei sensi più ordinari, tutto viene imparato, è frutto di un imprinting continuo che è stato esercitato su di noi. Siamo strutturati e programmati come un computer, per cui impariamo ad usare le nostre funzioni, i nostri organi, la nostra mente in un modo culturale prestabilito e non in un altro.
    Questo produce una certa visione della realtà.
    Don Juan mostra a Castaneda come questa percezione sia relativa. Ma, per cambiare la visione ordinaria, occorre prima di tutto cambiare comportamento, lasciarsi andare ad una nuova mobilità e leggerezza.
    Tu sei spaventato – gli dice Don Juan- perché ti senti troppo maledettamente importante. Sentirsi importanti fa diventare pesanti, sgraziati e vani. Un uomo di conoscenza deve essere leggero e fluido”.

    La nostra mente crea la configurazione di un mondo possibile, uno degli infiniti mondi percepibili, ma soggetti di cultura o tradizione diversa possono percepire realtà diverse. Se poi si confrontano le visioni di culture molto lontane tra loro nel tempo o nello spazio le differenze aumentano, e differenze enormi esistono tra la visione ordinaria del mondo e una visione sciamanica.
    Mentre l’uomo comune usa la percezione in modo superficiale, attingendo scarsamente al flusso di energia che forma le cose, lo sciamano cerca di raggiungere una realtà completa, vive nell’energia, attingendo a una forza universale molto difficile da definire che Don Juan chiama l’INTENTO, “qualcosa che non appartiene alla fisicità dei sensi né a quella del cervello e trascende il mondo come lo conosciamo… una forza dell’universo smisurata e indescrivibile”.
    L’Intento è uno strumento diretto di conoscenza dell’energia dall’interno, la visione diretta di essa da parte del nostro corpo energetico. “Il corpo- dice lo stregone- è un’unità energetica, un’onda, ed è con esso che possiamo percepire gli altri corpi come unità energetiche.”
    Lo stregone usa strumenti cognitivi diversi da quelli ordinari e percepisce realtà diverse, passa da un mondo a un altro, anch’esso coeso e intrinsecamente necessario, dimostrando che quella che crediamo realtà oggettiva è solo una costruzione mentale, una delle tante possibili. Noi non sapremo mai cosa sia l’energia in sé, possiamo solo sapere come il nostro pensiero costruisce il mondo. Cambiare le coordinate conoscitive apre mondi alternativi.
    Noi costruiamo un certo tipo di realtà, ma potremmo costruirne altre. Non c’è nulla di oggettivo in quello che percepiamo. La realtà è il frutto di una programmazione mentale. Se cambia il programma, cambia la percezione della realtà. Qualche volta noi siamo in grado di fare questa variazione, altre volte essa semplicemente accade, senza che abbiamo fatto nulla per attuarla.
    La magia è il potere di comunicare con altre realtà. “Mag” è una radice antichissima che vuol dire “potere“, potenza”. Lo stregone, come lo sciamano, come lo yogi o il guru, è un “uomo di potere“. Non abbiamo qui solo un sistema di conoscenza, ma un sistema di potere.

    “La magia è uno stato di consapevolezza intensa. E’ l’abilità di concepire qualcosa che sfugge alla percezione ordinaria…Non c’è bisogno che venga nessuno a insegnarci la magia. Occorre solo che un maestro ci convinca dell’incalcolabile potere che abbiamo sulla punta delle dita.”
    Il passaggio dalla sensazione come abitudine alla percezione come viaggio è un evento magnifico ma rischioso. Modificare il programma mentale può portare alla follia e alla disgregazione psichica.
    Anche un folle percepisce altre realtà come un tossico o un alcolizzato, la differenza con lo sciamano è che il folle o il tossico o l’alcolizzato sono dominati dalle loro visioni mentre lo sciamano le controlla.
    Ma per entrare nella via del controllo occorre un maestro, affinché l’uomo si muova attraverso forze che non lo distruggano.
    Il potere è creativo ma anche distruttivo, è una energia terribile i cui limiti confinano con la follia, con la morte, col non ritorno. Guai a chi tenta con forze insufficienti e debole controllo mentale di forzare il mondo della percezione con droghe assunte al di fuori di un contesto sciamanico ritualizzato! Non lo aspetta una magnifica avventura ma la disgregazione della propria mente. I sensitivi visualizzano l’aura dei tossici come grigiastra e morta. Le droghe, in particolare quelle chimiche, uccidono l’energia vitale e in luogo di visioni producono allucinazioni patogene.

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    Nell’iniziazione vengono spostati i confini tra materia e spirito, soggetto e oggetto, dentro e fuori, energia densa e sottile, come avviene nel Buddhismo tantrico o tibetano, che implicano grandi destrutturazioni della realtà psichica.
    Si parte da tecniche apparentemente fisiche e si arriva a effetti trasformativi profondi.
    Sotto la guida dello stregone, Castaneda si apre a nuove percezioni e le sue esperienze diventano strane, abnormi, aliene, gli producono disorientamento e nausea e anche un vero terrore, mentre Don Juan ride di lui e della sua ignoranza.
    Dapprima Castaneda si aiuta col mescalito, poi impara pratiche rituali atti a modificare il lavoro della mente senza la droga. Questo richiede un impegno fortissimo, è una via di esperienza dove si può solo essere testimoni o protagonisti.
    Lo stregone gli dice: “Per me esiste solo il cammino lungo sentieri che hanno un cuore/ Lungo questo io cammino /e la sola prova che vale è attraversarlo in tutta la sua lunghezza”
    ( y la unica prueba che vale es attraversar to su largo!) “E qui io cammino guardando, guardando senza fiato!” ( y por hai recorro, mirando, mirando sin aliento!)”

    All’inizio c’è solo la contemplazione, limitarsi a guardare. Non si può far altro, si guarda la direzione della strada e si dà testimonianza di quello che si vede. A più riprese lo stregone fa entrare Castaneda in stati di coscienza modificata che gli fanno percepire realtà non ordinarie.
    Castaneda penetra in altri esseri, animali o piante, corvi o peyote, impara a volare o a diventare invisibile.
    L’ALLEATO è l’energia che prende una forma di animale o vegetale per aprirgli altre esperienze.
    Ritroviamo qui un equivalente delle siddhi indiane del 4° chakra, o chakra del cuore: essere invisibili, entrare nel corpo di un animale, volare…

    La prima prova sembra semplice: i due sono nel patio della povera casa dello stregone e questi dice a Castaneda di cercarsi il “suo” posto, il posto dove si sentirà forte e sicuro, e poi se ne va. La cosa sembra senza senso, Castaneda impiega 6 ore per cercare, in quei pochi metri quadri, questo “suo” posto di cui non ha nessuna idea. Si mette in tutte le posizioni, si sdraia, si rotola, sentendosi sciocco e stanco, ma non cede. Alla fine, a forza di storcersi e guardare sopra e sotto e di lato, intravede nell’aria sopra il pavimento due punti, una piccola luminescenza verde (energia buona) e una piccola luminescenza rossa (energia cattiva). Quando sta nel secondo punto si sente male, gli si rizzano i capelli e le mani gli diventano artigliate. Ma nel primo cade in un sonno profondo. Il sito buono è il luogo del suo benessere, il semplice fatto di stare lì lo fa stare bene, accresce la sua conoscenza e il suo equilibrio.
    La sua ostinazione paziente ha avuto un risultato, il premio della ricerca sarà ogni volta “vedere” l’energia. Ma nessun progresso è facile. Ci sono progressi che arrivano dopo anni di sforzo.
    Carlos ha paura e allora lo stregone gli dice: “Così hai paura? Non c’è nulla di nuovo nell’aver paura. Non pensare alla tua paura, pensa alle meraviglie del vedere. La tua ragione non è la paura.. Il modo migliore per vivere è vivere come un guerriero. Preoccupati e pensa prima di prendere una decisione, ma una volta deciso segui la tua strada libero da preoccupazioni o pensieri. Ci saranno ancora milioni di altre decisioni ad aspettarti”.

    Un altro ostacolo è l’attaccamento all’ego; quando si cerca di riportare tutto a sé stessi la strada si ferma e il cammino non procede, il movimento verso se stessi è contrario al movimento in avanti.
    C’è nella mente una forza progressiva ma anche una forza conservativa. L’evoluzione richiede un certo grado di spersonalizzazione. Bisogna saper lasciare indietro l’io vecchio e non è facile.

    Don Juan è maestro della magia dei Toltechi, grandi guerrieri di una civiltà guerriera, insegna dunque al suo allievo a “diventare un guerriero spirituale“, addestrandolo come se dovesse andare alla guerra e insegnandogli a essere “vigile, con giusto timore, rispetto e assoluta sincerità”.
    Per procedere l’iniziato ha bisogno di “un ALLEATO”, ma la droga non è un buon alleato, il mescalito è veloce, produce rapidi movimenti di coscienza, ma è infido e pericoloso, non è controllabile, occorre suscitare un “alleato interno”, una precisa disposizione dell’energia, l’INTENTO, solo l’intento porterà l’uomo oltre i confini di sé, aprendo il contatto con una energia universale, ma questo è un lavoro lungo e paziente che nessuno ha voglia di fare, perché ognuno è pigro, non ama lavorare su se stesso e cerca miracoli veloci e a buon mercato.
    Più veloce il miracolo, più inconsistente. Ciò che non cambia nel profondo non trasforma affatto. Ma l’uomo è impaziente e la ricerca è faticosa, è un lavoro di pazienza e di ostinazione, che solo pochi riescono a reggere. Il giusto adepto è quello che è più forte degli altri, si impegna più a lungo, dà tutto se stesso, resta umile, non si perde al primo ostacolo, non si ferma mai. Solo la sua pazienza e la sua purezza raggiungerà alla fine un sapere esoterico, cioè limitato a pochi, indicibile, interiore, modificativo, un sapere d’anima, non trasmissibile e inesplicabile.
    Ogni cosa di grande valore comporta un gran costo in termini di energia, e il costo dei veri beni non ha un prezzo economico, è un costo interiore che impegna profondamente il cuore, richiedendo dedizione totale, lungo tirocinio, capacità di affrontare il dolore e grande pazienza.

    Quando Castaneda trova il “suo” posto nel patio, ha realizzato una conquista personale. Lo stregone avrebbe potuto dirgli subito quale era il posto giusto, tanto che lo aveva segnato da subito con una piccola pietra, ma il buon maestro non è quello che dà la soluzione, è quello che spinge a cercarla. Il novizio deve trovare cercando perché ciò che non entra nella sua esperienza non entra nella sua vita, la ricerca fa parte del risultato, e senza ricerca personale non si trova nulla che abbia significato. Solo ciò che esce dal nostro travaglio, dai nostri errori, dal nostro sforzo, diventa “POTERE”, e quello è l’unico “SAPERE” vivente perché è il potere dell’energia.
    A volte potere e potenza si mescolano e abbiamo cattivi stregoni, molto potenti ma molto pericolosi, che possono plagiare gli altri e farne dei servi, creature affascinanti ma infide come serpenti. Il maestro non deve essere piacevole. Il maestro deve essere duro, così farà scappare i falsi allievi.

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    Il percorso iniziatico che l’allievo deve compiere è molto difficile e implica la perdita di tutte le sue sicurezze, la sua destabilizzazione estrema, dunque la paura della morte. La conoscenza è terribile, ma cosa più terribile ancora è vedere un uomo senza conoscenza, perché costui vive vegetando in un sonno profondo, in uno stato di nescienza, simile a un morto vivente. Un uomo senza conoscenza è un uomo senz’anima, può avere potenza sul mondo ma non ha potere sul proprio mondo e agisce infine contro l’uomo stesso perché lo illude e lo addormenta. L’uomo che sviluppa la Vera Conoscenza ha invece il giusto potere e lo esercita su se stesso e in aiuto agli altri.
    L’uomo vive per imparare, è lo scopo che ha avuto in sorte ma non impara mai ciò che si aspetta di trovare.
    Ogni passo verso la conoscenza è una fatica nuova verso l’ignoto, nella trasmutazione di se stesso e dunque nell’abbandono di ciò che non serve più. Per questo tanti si fermano alla prima cosa che imparano diventando fanatici di quella, con una nuova forma di radicamento. Imparare è fatica, la fatica è più grande della bellezza, ma se l’uomo fugge da questo compito, o per terrore, o per stanchezza, per pigrizia, superficialità o presunzione, non vedrà mai la bellezza.
    L’iniziato deve sfidare la paura del cambiamento e della morte, deve vincere l’inerzia, superare la pochezza, rendere più forte l’intento, solo così acquisterà la vera consapevolezza e diventerà un vero guerriero.

    Un altro ostacolo è LA POTENZA, cioè l’uso del potere per gestire gli altri ed aumentare il proprio EGO. Solo colui che rifiuta la potenza esteriore per il potere spirituale e capirà che egli è solo uno strumento dell’energia, diventerà “Uomo di Conoscenza“.
    Solo alla fine si evidenzierà “l’escogìto“, l’eletto, colui che è stato scelto, l’iniziato.
    Essere guerrieri è una forma di autodisciplina in cui l’uomo ha profondo rispetto per tutto ciò che inerisce alla conoscenza “in quanto nel suo percorso si confronta con l’Ignoto ed è egli stesso un Ignoto.”
    La paura è necessaria perché dà il senso della grandezza di ciò che si sta facendo; chi non ha paura è nell’incoscienza, la paura genera rispetto della vita ed è necessaria come la morte.
    L’iniziato è colui che sta per cambiare e la morte è il supremo cambiamento che ostacola tutti i cambiamenti, ma senza di questi non c’è crescita, non c’è evoluzione.
    Ogni nostro mutamento si nutre di piccole morti, non essere più quello che si era prima per diventare più evoluti di quel che eravamo.
    Per questo l’iniziato sa che la morte gli cammina a fianco e che per trasformarsi deve morire. “Nel suo cammino il guerriero è solo e procede attento, oltre i suoi limiti, equilibrando terrore e ammirazione. “

    “Ma perché entrare in mondi paralleli?” chiede Castaneda e Don Juan risponde: “Perché sei una creatura magica di consapevolezza, il cui viaggio evolutivo è stato momentaneamente interrotto da forze esterne che hanno trasformato gli uomini in vortici e li hanno fissati nel loro girare attorno”, perché noi partiamo da confini angusti ma miriamo all’assoluto, in quanto siamo creature di luce.
    Energia interna ed esterna possono unirsi creando l’insperato. Il fine del viaggio è l’ampliamento della coscienza.

    Don Juan dice che nella stregoneria c’è una parte concreta, di rituali e tecniche, e una parte astratta, che è la ricerca della libertà, la libertà di percepire senza condizionamento tutto quello che è possibile percepire, percepire l’essenza energetica delle cose, vedere.
    Non ha molta importanza che il viaggiatore sia già un sensitivo, importa che arrivi alla purezza del guerriero, col giusto lavoro del tempo e con la totalità di se stesso. Non è lui che procede verso il sapere, è il sapere che lo cerca e che lo trova se resta puro. Occorre che egli sia fluido, duttile e non rigido, che sappia abbandonare gli schemi percettivi e conoscitivi, e si apra lasciando il riflesso distorto delle sue idee; occorre che si abbandoni al nuovo che si rivela, tenendosi vigile ma duttile, paziente ma inflessibile, mettendo da parte ciò che non comprende e lasciando che tutto si faccia chiaro nella necessità del tempo.
    Il suo dovere è l’impeccabilità.
    L’azione più umile è significativa se rafforza la sua impeccabilità.
    Impeccabilità vuol dire perfezione.
    Con la perfezione l’energia si focalizza e diventa una forza formidabile che raggiunge il sapere, e il sapere non significa nulla se non diventa ‘potere’ cioè trasformazione.
    Perfezione vuol dire dare importanza a ciò che si fa e non essere mai superficiali, cialtroni, frettolosi, impazienti o pigri.
    Qualunque cosa deve essere fatta bene.

    Lo sciamanesimo è un sistema magico. Qui la parola più semplice può produrre molto se diventa energia pura, mentre il sistema più sapienziale resta morto se cade in un’anima morta.
    Ma se il potere esterno e il potere interno si incontrano e si alimentano possono nascere grandi cose.
    Parola o azione o rito non sono magici di per sé, ma solo se entrano nel fuoco dell’anima e la trasformano.
    Un’ostia è solo farina e acqua, è solo pane, ma l’ostia assunta dal puro durante la Messa ha nella sua anima una forza catartica immensa. Nulla senz’anima. Il mondo senz’anima è una cosa morta.

    Lo stregone insegna a Castaneda a “MODIFICARE LO SGUARDO” accorciando la messa a fuoco: occorre camminare fissando l’aria o guardare con la coda dell’occhio, così da cogliere gli impercettibili guizzi di ciò che si muove fuori dalla nostra portata visiva.
    In questo modo si può cominciare a vedere le luminescenze che circondano i corpi fisici, cioè le aure sottili.
    Se il guerriero cancella la propria storia personale, le proprie aspettative, i propri schemi egoici, le abitudini interpretative, le percezioni ordinarie… se è attento e aperto, coraggioso e paziente, allora gli può accadere di superare lo spazio e il tempo e l’apparenza delle cose e può diventare ciò che realmente egli è: un essere luminoso in un mondo luminoso.
    Vedere l’energia vuol dire vedere ‘con’ l’energia e ciò che appare è il corpo splendente della vita.
    “Quando l’uomo libererà la sua consapevolezza dai legami d’ordine sociale, l’intento potrà avviarla su una nuova via evolutiva”.

    Noi siamo a un passo di distanza dal mondo. Tra noi e la realtà vera c’è il VELO DI MAIA, di cui parlano le tradizioni indiane, il compito è squarciare il velo che ci separa dall’energia assoluta così da contattarla direttamente.

    Nessuno nasce guerriero, guerrieri si diventa lentamente e non basta una vita. Per questo compito dobbiamo usare molte intelligenze.
    Lo stregone Don Juan insegna: “Noi pensiamo con la testa che è il centro della ragione ma sentiamo con il cuore.” La volontà sta sotto l’ombelico: “Noi sogniamo col fianco destro e vediamo col fianco sinistro.”
    Solo l’esperienza convincerà la ragione e gli atti della volontà ci porteranno a vedere ciò che veramente siamo: esseri luminosi, percettivi, consapevoli, e senza limiti…
    Il mondo degli oggetti apparenti, il mondo come ci appare, è solo una rappresentazione ma non esaurisce tutta la realtà, è solo ‘una’ costruzione della mente in cui restiamo intrappolati così che poi siamo incapaci di uscirne per vedere le cose in un altro modo e, quando ci accade di avere dei flash diversi di percezione, li scartiamo o rimuoviamo perché non sono inseribili nell’ordine noto. Ma il mondo che percepiamo è illusorio proprio perché è artificiale.

    “Noi, dice lo stregone, siamo nati con due anelli del potere, la ragione e la volontà; se usiamo solo la ragione per creare un mondo, essa poi non ne vorrà altri, solo la volontà può fare esperienze che possono aprirci a conoscenze diverse”.
    Lo stregone usa la volontà in senso magico, come spada di energia in un mondo di energia, cambiando la sua visione.

    La realtà è formata da due parti, IL TONAL e il NAGUAL.
    Il Tonal è il principio di coscienza, che nel neonato è solo potenziale; crescendo, l’io a poco a poco costruirà il mondo; il Tonal è il principio che organizza, codifica e configura gli oggetti di conoscenza, è l’io che conosce ovvero il principio di coscienza con i suoi contenuti.
    Il Tonal prende il materiale della realtà assoluta e lo elabora trasformandolo in rappresentazione personale, ordina il caos, e dalla vacuità dell’indifferenziato trae il mondo della realtà conosciuta.
    Senza il Tonal nulla di ciò che chiamiamo mondo esisterebbe, esso è l’energia che crea il mondo come conoscenza e oggetto conosciuto. Ma a un certo punto diventa geloso e totalitario e pretende che tutta la realtà sia ciò che ha elaborato, come se un ragno pretendesse che la sua tela comprendesse il mondo intero.
    Tutto ciò che siamo, tutto ciò per cui abbiamo un nome, tutto ciò che facciamo o sappiamo è Tonal.
    Ma non possiamo pretendere che esso esaurisca l’intera totalità dell’essere.
    La costruzione operata dal Tonal, cioè dal nostro principio di coscienza, comincia con la nascita e finisce con la morte.
    Il Tonal ha la funzione di creare il mondo secondo le proprie leggi ma diventa sempre più dispotico e assolutista.
    Il Tonal è ciò che conosco, è l’isola della mia coscienza, la mia realtà, l’insieme dei contenuti di consapevolezza, l’azione continua di costruzione della realtà.
    Il Tonal pone in essere tutto ciò che siamo e sappiamo.
    Questo insieme conoscitivo è come un’isola; l’isola è la fetta di realtà che crediamo totale. Alcuni hanno realtà più ampie, altri meno, le isole non sono simili, e ognuno vede solo la propria, ha il proprio territorio di conoscenza.
    Il Tonal è come una tavola apparecchiata, su cui alcuni hanno più cose, altri meno.

    Il Nagual invece è l’ignoto, tutto ciò con cui non abbiamo a che fare, che non conosciamo, che non immaginiamo nemmeno, tutto quello che cade fuori dalla nostra consapevolezza, che non è messo a fuoco dal nostro sguardo, il pensiero che pensa fuori di noi, la parte di realtà per cui non abbiamo percezione, né descrizione, o parola o sospetto.
    Tutto questo avviene dentro o attorno alla mente. Ma anche la mente è un elemento della tavola e anche l’anima è un elemento della tavola e anche i pensieri sono un elemento della tavola. Anche Dio è sulla tavola, se penso a Dio.
    Il Tonal è tutto ciò che penso sia il mondo, compreso l’io e Dio, è la totalità dei pensieri che penso, il conoscibile in quanto entra nella mia mente.
    Il Nagual è invece ciò di cui non sono cosciente, il pensiero che fuori di me si pensa, la realtà a me inconscia, tutto ciò che non appare nell’arco del mio sguardo, che non entra nella mia consapevolezza, la realtà oscura oltre la soglia di ogni possibile percezione e idea.

    Ognuno di noi ha una zona di realtà abitata, controllata e conosciuta, un’isola coi suoi confini, ma il Guerriero andrà oltre i confini, entrerà nel Nagual, diventando ‘nagual’ egli stesso, dunque sciamano, affrontando l’ignoto.
    Il Nagual è l’energia che può essere a servizio del guerriero, che ne può essere testimoni ma non ne può parlare, è indicibile perché non sta sulla tavola ma fuori di essa. Là il potere si libra.
    All’istante della nascita siamo tutti Nagual, realtà inconscia, poi il Tonal comincia il suo paziente lavoro per delimitare il mondo, per ritagliare l’isola del conosciuto.
    Dall’oceano inconscio iniziale comincia a individuare una zona di controllo che è la nostra realtà di coscienza; alla fine questa cresce e si sviluppa tanto da negare che l’oceano inconoscibile esista e la volontà le crede perché non vuole aver paura.
    Ma il Guerriero abbandona ogni sponda sicura e sfida l’oceano, si immerge nella conoscenza totale col rischio di essere travolto, perché il Guerriero sa che la nostra isola è una realtà piccolissima rispetto alla realtà assoluta e il Guerriero, sopra ogni altra cosa, è curioso. La curiosità in lui vince la paura. Perché fa questo? Perché la sofferenza di non sapere è per lui troppo forte, perché non sopporta i propri limiti, per un amore irrefrenabile di libertà.

    Quando noi viviamo solo in ciò che siamo, senza andare oltre, finiamo col soffrire un senso di incompletezza, di insufficienza, una inquietudine che a volte diventa lacerante, siamo depressi e angosciati, qualcosa ci chiama oltre il conosciuto, soffriamo un senso di mancanza.
    Non è facile vivere solo nel Tonal, perché la nostra stessa natura è infinita e anela a qualcosa che sta oltre, anela all’infinito.
    Se questo cammino non avviene, qualcosa muore dentro di noi e noi non stiamo più vivendo, stiamo vegetando, ci ripieghiamo su noi stessi nella ripetizione del nostro conosciuto, smettiamo di evolvere.

    L’uomo ha tre facoltà, la capacità di creare, di conservare e di trasformarsi.
    Se resta a un livello di mera conservazione, qualcosa dentro di lui comincia a soffrire e a morire.
    L’amore è la prima forma di trasformazione, la conoscenza è un’altra grande via, lo sciamano intende ciò che fa come una via del cuore, che non coinvolge solo la sua mente ma tutto il suo essere.
    Su chi lo avvicina eserciterà l’amore con vari mezzi: la guarigione dalla malattia, l’insegnamento liberatorio, la protezione contro le forze pericolose, l’evoluzione delle energie, perché ogni immobilità è morte.

    Ogni cultura non ha fatto che occuparsi di Tonal e Nagual chiamandoli in molti modi: coscienza e inconscio, materia e spirito, mondo e Dio, Atman e Brahman, Tonal o Nagual, Io e Non Io… Noi riusciamo a fare coppie solo di ciò che appare sulla tovaglia, ma in fondo nessuna coppia esiste, né Tonal né Nagual, la realtà è una sola, energia che appare o non appare.

    Il Nagual non lo vediamo ma il Nagual ci chiama, noi ne sentiamo la mancanza, esso è innanzitutto proprio questo senso di mancanza, la sua presenza è l’assenza, come il Dio ignoto di cui S. Agostino dice: “Quando io non ti conoscevo, tutto il mio essere aveva sete di te, tu eri questa sete”.
    Come Jung aveva fatto scrivere sul frontone della sua casa: “Vocatus aut non vocatus Deus aderit”, “Chiamato o non chiamato il Dio sarà presente”

    Noi non possiamo dire cosa sia il Nagual, così come un taoista non può dire cosa sia il Tao e “Il Tao che si chiama Tao non è più il Tao”, perché ciò significherebbe porlo sulla nostra tavola, nominandolo lo faremo essere altro da sé. Non sarebbe più l’inconoscibile.
    Anche nel Buddhismo tibetano il mondo che conosciamo è una realtà virtuale, una proiezione del pensiero. Il pensiero può elaborare mondi e può creare o cogliere fasce di realtà diverse che corrispondono a elaborazioni mentali, ma ogni mondo non è in fondo che una costruzione mentale, una realtà ideale.
    Il mondo è apparizione o rappresentazione.
    L’uomo comune crede che questa sola sia la realtà oggettiva e che ogni altra realtà sia virtuale, ma lo sciamano sa, perché lo sperimenta, che le realtà possono essere molte e tutte possono sembrare vere e oggettive.

    Nel Buddhismo tibetano la ruota delle vite è divisa in sei spicchi, ognuno dei quali corrisponde a una sfera di realtà, che è insieme un tipo di esistenza e un tipo di rappresentazione, ognuna è allo stesso tempo un modo di vedere il mondo e un mondo.
    Ciò che uno è determina ciò che vede e viceversa.
    Ogni fascia di pensiero, ovvero ogni fascia vibrazionale, individua una posizione dell’energia e un tipo di realtà percepita.
    Le sei fasce vibrazionali buddhiste sono sei modi simbolici cui l’energia originaria può vibrare. Ogni vibrazione crea esseri che vedono il mondo in un certo modo, dunque vivono e sono in mondi diversi.
    Queste sei fasce sono chiamate LOKA e sono: esseri infernali, spiriti affamati, animali, uomini, divinità gelose, divinità celesti.
    “Un giorno, presso un fiume, si incontrarono i rappresentanti delle sei Loka. Ognuno vide una cosa diversa: l’essere infernale vide fuoco e ghiaccio, lo spirito affamato vide carne e sangue, l’animale animali e pesci, l’uomo acqua da bere, il dio geloso un campo di battaglia, il dio celeste un paradiso di luce. Ognuno vide secondo ciò che e e vide il mondo per come lui era.”

    I Toltechi di Castaneda parlano di 48 forme di struttura organizzata, ognuna con un colore dell’energia prevalente, per es. l’aura delle piante è rosa-giallina, quella degli insetti è verdognola…
    L’aura umana ha colori fluorescenti, forti ma sottili, come i colori della luce al neon. Il tono prevalente e anche il più facile a vedersi, per la sua maggiore intensità, è quello dorato, per questo la radiazione umana si chiama AURA, luce dorata.

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    Il veggente vede i colori della consapevolezza, come sfumature ambrate, di un leggero rosa o verde o azzurro, come lampi o fuochi pallidi, fluorescenti o evanescenti, flash rapidi e non persistenti, movimenti o baluginii.
    Con un certo allenamento dello sguardo è possibile per noi svegliare questa seconda vista, almeno per quel che riguarda le fasce di radiazione più vicine alla frequenza del corpo materiale.

    (segue in http://masadaweb.org/2010/08/12/masada-n%C...-parte-seconda/)
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    By NUOVO MASADA
     
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  2. Ladamaoscura
     
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    Ho provato a leggere di recente la fatidica "profezia di Celestino" ma devo dire che non ci ho trovato niente di nuovo, anzi, mi ha deluso proprio. Teorie già sentite e risentite.
    A suo tempo lessi "le porte della percezione" di Huxley e devo dire che mi fece più effetto, anche se non ho mai fatto l'esperienza di alcun trip, l'ho trovato più interessante.
    In alcune culture antiche le droghe erano considerate un aiuto per mettersi in contatto con l'altro mondo. Non capisco come mai poi nella cultura odierna le droghe siano diventate una cosa diabolica. Mah...
     
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1 replies since 4/10/2011, 22:06   53 views
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